Samaritan, recensione: il supereroe “proletario” di Sylvester Stallone funziona a prescindere
Leggi la recensione Blogo di “Samaritan”, il dramma con supereroi di Julius Avery con Sylvester Stallone disponibile su Amazon Prime Video.
Samaritan ha debuttato su Amazon Prime Video, Sylvester Stallone torna ad incarnare un personaggio dei fumetti dopo il suo Dredd anni ottanta e la più recente una capatina nell’Universo Cinematografico Marvel nei panni del ravager Stakar Ogord in Guardiani della Galassia Vol. 2. “Samaritan” sulla carta presentava notevoli potenzialità visto il carismatico protagonista, il giovane talento Javon “Wanna” Walton, visto nelle serie tv Euphoria e The Umbrella Academy e un regista, Julius Avery, che ci aveva ben intrattenuto con il suo Overlord, un godibile horror d’azione con nazisti mutanti ambientato durante la Seconda guerra mondiale.
“Samaritan” ci racconta di un supereroe in disarmo la cui storia, introdotta all’inizio del film in un godibile mix di animazione, fumetto e live-action, narra di due gemelli dotati di super poteri cresciuti insieme a Granite City, ma i cui eventi vissuti ne hanno plasmato due personalità opposte, generando di fatto un supereroe buono noto come The Samaritan e un supercriminale soprannominato Nemesis. I due si ritrovano da fratelli ad avversari in un brutale contrapposizione che porterà ad uno scontro finale in cui solo uno dei due sopravvivrà. Dati entrambi per morti, gli anni trascorrono senza che nessuno vegli su Granite City, che diventa sempre più degradata, insofferente e ventre molle per la più sordida e brutale criminalità. In questo scenario di squallore facciamo la conoscenza del giovane Sam, un ragazzino di 13 anni orfano di padre e grande fan di Samaritan. Nonostante nessuno gli creda, Sam è convinto che il supereroe non sia morto, ma che si celi sotto falsa identità in attesa di tornare. Mentre sta per abbandonare la retta via lavorando per il losco e violento Cyrus, capo di una gang e fan del supercriminale Nemesis, Sam scopre che Joe Smith, un burbero ma bonario netturbino che abita nel palazzo di fronte possiede dei super poteri, e così si convince che Joe in realtà sia Samaritan; tra i due nasce così un’improbabile amicizia che porterà alla luce la vera identità di Joe, mentre Cyrus nel frattempo sta ordendo un piano per portare caos e distruzione in città, seguendo le orme del suo “eroe” Nemesis.
“Samaritan” offre del buon intrattenimento, e anche dal punto di vista visivo il regista Julius Avery si è dato un gran da fare per confezionare un film di supereroi più cupo e realistico possibile. Detto ciò nonostante un Sylvester Stallone davvero in parte, il carisma di questo iconico attore resta sorprendentemente intonso nonostante gli anni, sembra che a Samaritan manchi quel guizzo che ci si attendeva rispetto ad una trama che, nonostante qualche colpo di scena ben assestato, non riesce ad essere all’altezza della prova del suo protagonista. Con “Samaritan” abbiamo avuto la medesima sensazione provata con la recente commedia-horror “Day Shift” di Netflix, quella di essere di fronte a della promettente materia prima, ma più adatta per una serie tv.
Comprendiamo perché Stallone abbia scelto questo progetto, il suo personaggio ha elementi ben riconoscibili che rievocano il percorso del suo Rocky Balboa, nel suo Joe è come rivedere quel pugile tornare in quella periferia squallida da cui è uscito a suon di pugni, e in cui si ritrova come un ex eroe proletario in disarmo. In questo caso nessuno sa chi è, ma se si trattasse di Rocky, i fan sono ad ogni angolo e prima o poi qualcuno lo riconoscerebbe. Questo voler riproporre un supereroe di stampo proletario sembra palesarsi anche nell’arma brandita da Nemesis, un martello ben lontano da quello del Dio del Tuono o dal martello da guerra di Ronan l’accusatore, se vogliamo rimanere nell’ambito “villain”, forgiato nella forma di una mazzetta da demolizione, strumento di lavoro che è lì a ribadire che sia eroe che antagonista, seppur schierati su sponde opposte, combattono e nel caso del vigilante Nemesis uccidono, seguendo una loro idea di cosa abbiano veramente bisogno i cittadini di Granite City, in particolare reietti e criminali.
La trama di “Samaritan” se tolto dall’equazione l’elemento supereroistico reitera alcuni elementi già visti: vedi il thriller d’azione The Equalizer 2 – Senza perdono con protagonista Denzel Washington; in quel caso il ragazzo era un talentuoso writer con pessime compagnie di strada che incontra l’ex agente segreto di Washington e finisce nel mezzo di una guerra tra spie; mentre la città in mano ai criminali e al degrado urbano ci ha riportato alla mente la fatiscente Detroit del classico anni ottanta Robocop.
Avery purtroppo sembra girare a livello creativo con il freno a mano tirato, forse allo scopo di non snaturare l’aspetto realistico che si è voluto dare al film, tanto che le sequenze di flashback in cui Samaritan e Nemesis si scontrano appaiono troppo poco aderenti a livello visivo, non sappiamo quanto volutamente, rispetto al resto del film (da segnalare che la sequenza in CGI in cui viene ringiovanito Stallone non è minimamente all’altezza dell’odierna tecnologia).
Nonostante gli evidenti limiti di stampo creativo, “Samaritan” si lascia comunque guardare piacevolmente grazie all’ottima prova del cast, con Stallone che svetta su tutti, con il suo personaggio che comincia lentamente a perdere il controllo, per poi iniziare a picchiare come un fabbro, lasciando intravedere un lato oscuro che come dice il Joe di Stallone al piccolo Sam, è presenta in ognuno di noi.